Die Elisabetta Barbadoro
Il contrasto al riscaldamento globale sta tracciando scenari distopici attraverso gli esperimenti di geoingegneria.
L’Unep, cioè il programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ha pubblicato a fine febbraio un rapporto, stilato da un gruppo di nove scienziati di varie università del mondo, dal titolo: “Un’atmosfera: revisione di esperti indipendenti sulla ricerca e l’implementazione della modifica delle radiazioni solari”.
Si tratta di un’analisi sulle tecnologie che mirano a raffreddare il pianeta attraverso la geoingegneria.
Per quanto l’Unep, attraverso un’intervista al coordinatore del progetto Andrea Hinwood, riferisca – a commento del rapporto – di essere profondamente “preoccupata per la mancanza di conoscenze empiriche sui potenziali rischi, impatti e conseguenze indesiderate“, le conclusioni lasciano spazio ad ulteriori approfondimenti: “Abbiamo bisogno di saperne di più e sosteniamo la richiesta di un processo di revisione scientifica completo che sia inclusivo e rappresentativo a livello globale”.
Anche i nove scienziati che hanno redatto la revisione mostrano qualche cautela: “Il gruppo di esperti ritiene che un’implementazione della geoingegneria solare su larga scala a breve e medio termine non sia attualmente giustificata e potrebbe essere poco saggio”. Ma la porta anche qui resta aperta, infatti proseguono: “Questo punto di vista potrebbe cambiare se l’azione per il clima rimane insufficiente. La geoingegneria solare è l’unico approccio noto che potrebbe essere utilizzato per raffreddare la Terra in pochi anni”.
Ma di cosa si tratta esattamente? È spiegato nello stesso documento pubblicato sul sito di Unep:
“Nella maggior parte degli approcci della solar radiation management, o geoingegneria solare, una piccola quantità di luce solare viene deliberatamente riflessa nello spazio per raffreddare il pianeta.
Il metodo studiato prevede l’introduzione nella stratosfera di particelle riflettenti di dimensioni inferiori al micron (questa tecnologia si chiama SAI, iniezione di aerosol stratosferico)”.
Non solo: “Sono stati proposti anche altri metodi – scrivono gli scienziati – inclusi approcci come lo schiarimento delle nuvole marine (tecnica indicata con l’acronimo MCB, ndr). E assottigliamento dei cirri (CCT)”.
I cinque esperimenti menzionati nell’analisi
Cinque esperimenti su queste tecnologie – riferisce il rapporto – sono già stati programmati, ma i risultati non sono disponibili, perché i test sono stati ritardati o perché le conclusioni non sono state pubblicate.
Basta un solo esempio: l’esperimento con tecnologia SAI condotto dall’università di Harvard nell’ambito del progetto Scopex: un progetto finanziato da Bill Gates. Ecco lo stato dell’arte descritto nel rapporto:
“Dopo diversi fallimenti nei test pianificati, il volo di prova sul campo per il rilascio particelle di carbonato di calcio nella stratosfera del progetto ScoPEx era previsto per giugno 2021 in Svezia, ma ancora una volta si è fermato a causa delle obiezioni della comunità locale”.
In questo caso gli svedesi sono riusciti a proteggere il proprio territorio dagli esperimenti su cui ha investito il cosiddetto filantropo Bill Gates.
Anche perché, come è messo in chiaro dagli scienziati nel documento: “L’implementazione di geoingegneria solare può anche aumentare il cambiamento climatico, danneggiare o introdurre una serie di nuovi rischi per le persone e gli ecosistemi, compresi i rischi per la salute umana e la biodiversità”.
La conclusione però è distopica: “Questi vantaggi e rischi potrebbero non essere completamente noti senza un’effettiva implementazione di geoingegneria solare”. Suona come un “procediamo e vedremo come va” sempre che poi non sia troppo tardi.
VIDEO E FONTE https://www.byoblu.com/2023/03/05/geoingegneria-il-programma-onu-per-lambiente-pubblica-unanalisi-bill-gates-tra-i-finanziatori-degli-esperimenti/
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